In materia di igiene e sicurezza sul lavoro il lavoratore non é esente da doveri ed obblighi di natura prevenzionistica: il T.U. sulla Sicurezza ha assegnato al lavoratore un ruolo attivo per la sicurezza, introducendo il concetto di c.d. “rischio residuo”, ovvero prevedendo l’ipotesi che se l’imprenditore ha correttamente applicato la legge e ciò nonostante si é verificato un infortunio sul lavoro, alcuna colpa pub essergli attribuita.
Ed infatti l’art. 20, comma 1, del T.U. sulla Sicurezza espressamente prevede: “1. Ogni lavoratore deve prendersi cura della propria salute e sicurezza e di quella delle altre persone presenti sul luogo di lavoro, su cui ricadono gli effetti delle sue azioni o omissioni, conformemente alla sua formazione, alle istruzioni e ai mezzi forniti dal datore di lavoro“.
Dunque dalla norma in esame deriverebbe un duplice obbligo del lavoratore, vale a dire quello di prendersi cura della propria persona e quello di prendersi cura della salute delle altre persone presenti sul luogo di lavoro.
Da un punto di vista interpretativo alcuna notazione e/o specificazione menta il primo obbligo (ovvero il dovere di prendersi cura della propria persona), quanto invece all’obbligo di prendersi cura delle altre persone presenti sul posto di lavoro, si precisa che il lavoratore deve adempiere a tale obbligo non solo nei confronti dei suoi colleghi, ma anche nei confronti di tutte le altre persone presenti sul luogo di lavoro sulle quali possono, in qualunque modo, ricadere gli effetti delle sue azioni e/o omissioni.
Dalla norma summenzionata si evince dunque che sul lavoratore grava un dovere generale di cura, nei limiti, in ogni caso, della formazione, delle istruzioni e dei mezzi forniti dal datore di lavoro.
La precisazione che precede é di fondamentale importanza, atteso che, per valutare se il lavoratore é obbligato ad un certo comportamento, occorrerà preliminarmente verificare se lo stesso abbia ricevuto da parte del suo datore di lavoro una formazione idonea a fronteggiare un evento pericoloso e dannoso, se gli siano state impartite istruzioni adeguate in relazione allo specifico evento verificatosi e se gli siano stati fomiti i mezzi idonei, vale a dire attrezzature e dispositivi di protezione, per fronteggiare il medesimo evento.
Nel caso in cui non siano riscontrati e/o riscontrabili i suddetti presupposti, alcuna responsabilità potrà essere imputata al lavoratore per non aver adempiuto al predetto obbligo generale su di sé gravante.
Oltre al summenzionato obbligo di carattere generale, lo stesso art. 20 del T.U. sulla Sicurezza, ai commi 2 e 3, individua altri doveri di carattere speciale a carico dei lavoratori e che, a ben vedere, ne costituiscono una specificazione.
E cosi il secondo comma dell’art. 20 del D.Lgs. 81/2008 prevede che “I lavoratori devono in particolare:
- contribuire, insieme al datore di lavoro, ai dirigenti e ai preposti, all’adempimento degli obblighi previsti a tutela della salute e sicurezza sui luoghi di lavoro;
- osservare le disposizioni e le istruzioni impartite dal datore di lavoro, dai dirigenti e dai preposti, ai fini della protezione collettiva ed individuale;
- utilizzare correttamente le attrezzature di lavoro, le sostanze e i preparati pericolosi, i mezzi di trasporto, nonché i dispositivi di sicurezza;
- utilizzare in modo appropriato i dispositivi di protezione messi a loro disposizione;
- segnalare immediatamente al datore di lavoro, al dirigente o al preposto le deficienze dei mezzi e dei dispositivi di cui alle lettere c) e d), nonché qualsiasi eventuale condizione di pericolo di cui vengano a conoscenza, adoperandosi direttamente, in caso di urgenza, nell’ambito delle proprie competenze e possibilità e fatto salvo l’obbligo di cui alla lettera f) per eliminare o ridurre le situazioni di pericolo grave e incombente, dandone notizia al rappresentante dei lavoratori per la sicurezza;
- non rimuovere o modificare senza autorizzazione i dispositivi di sicurezza o di segnalazione o di controllo;
- non compiere di propria iniziativa operazioni o manovre che non sono di loro competenza ovvero che possono compromettere la sicurezza propria;
- partecipare ai programmi di formazione e di addestramento organizzati dal datore di lavoro;
- sottoporsi ai controlli sanitari previsti dal presente decreto legislativo o comunque disposti dal medico competente.”
Dunque il lavoratore deve contribuire, insieme al datore di lavoro, all’adempimento degli obblighi previsti a tutela della salute e sicurezza sui luoghi di lavoro, osservando le disposizioni e le istruzioni impartite dal datore di lavoro ai fini della protezione collettiva ed individuale; deve utilizzare correttamente le attrezzature di lavoro, le sostanze e i preparati pericolosi, i mezzi di trasporto e i dispositivi di sicurezza fornitigli, utilizzando, in maniera appropriata i dispositivi di protezione messi a sua disposizione, deve segnalare immediatamente al datore di lavoro le deficienze dei mezzi e dei dispositivi di protezione, nonché qualsiasi eventuale condizione di pericolo di cui vengano a conoscenza, adoperandosi direttamente, in caso di urgenza, nell’ambito delle proprie competenze e possibilità per eliminare o ridurre le situazioni di pericolo grave e incombente, non deve rimuovere o modificare, senza autorizzazione, i dispositivi di sicurezza, di segnalazione o di controllo, non deve compiere, di propria iniziativa, operazioni o manovre che non siano di sua competenza ovvero che possono compromettere la sua sicurezza, deve partecipare ai programmi di formazione e di addestramento organizzati dal datore di lavoro e sottoporsi ai controlli sanitari previsti dal T.U. sulla sicurezza o comunque disposti dal medico competente.
Sugli obblighi imposti ai lavoratori una notazione merita la prescrizione di cui alla lettera e) del secondo comma dell’art. 20 T.U. che prevede il dovere di “segnalare immediatamente al datore di lavoro, al dirigente o al preposto le deficienze dei mezzi e dei dispositivi di cui alle lettere c) e d), nonché qualsiasi eventuale condizione di pericolo di cui vengano a conoscenza, adoperandosi direttamente, in caso di urgenza, nell’ambito delle proprie competenze e possibilità e fatto salvo l’obbligo di cui alla lettera f) per eliminare o ridurre le situazioni di pericolo grave e incombente, dandone notizia al rappresentante dei lavoratori per la sicurezza“.
Ed infatti, la giurisprudenza ne ha definito l’ambito e la portata precisando che “II lavoratore é tenuto a segnalare le carenze antinfortunistiche che si manifestano improvvisamente durante il lavoro e non le carenze preesistenti che il datore di lavoro avrebbe dovuto conoscere ed eliminare di propria iniziativa, indipendentemente dalla noncuranza o dalla relativa inerzia dei dipendenti“[1] .
Più precisamente l’obbligo di segnalazione normativamente previsto a carico del lavoratore non supplisce all’inerzia del datore di lavoro, riguardando esso le sole carenze improvvise e non quelle preesistenti, alle quali il datore di lavoro avrebbe dovuto provvedere di sua iniziativa.
Sugli obblighi posti a carico del lavoratore, deve precisarsi che, come affermato dalla giurisprudenza della Suprema Corte di Cassazione, in materia di sicurezza sul lavoro la responsabilità del datore di lavoro “può essere esclusa, per causa sopravvenuta, solo in presenza di un comportamento del lavoratore che presenti i caratteri dell’eccezionalità, dell’abnormità, dell’esorbitanza rispetto al procedimento lavorativo ed alle precise direttive organizzative ricevute, che sia del tutto imprevedibile o inopinabile. Peraltro, in ogni caso, nell’ipotesi di infortunio sul lavoro originato dall’assenza o inidoneità delle misure di prevenzione, nessuna efficacia causale, per escludere la responsabilità del datore di lavoro, può essere attribuita al comportamento del lavoratore infortunato, che abbia dato occasione all’evento, quando questo sia da ricondurre, comunque, alla mancanza o insufficienza di quelle cautele che, se adottate, sarebbero valse a neutralizzare proprio il rischio di siffatto comportamento“[2].
Ancora in materia di esonero di responsabilità del lavoratore, l’art. 44 T.U. sulla Sicurezza, rubricato “Diritti dei lavoratori in caso di pericolo grave e immediato“, prevede al primo comma che “Il lavoratore che, in caso di pericolo grave, immediato e che non può essere evitato, si allontana dal posto di lavoro o da una zona pericolosa, non può subire pregiudizio alcuno e deve essere protetto da qualsiasi conseguenza dannosa“, e al secondo comma che “Il lavoratore che, in caso di pericolo grave e immediato e nell’impossibilità di contattare il competente superiore gerarchico, prende misure per evitare le conseguenze di tale pericolo, non può subire pregiudizio per tale azione, a meno che non abbia commesso una grave negligenza “.
Come evincesi viene sancito il diritto del lavoratore di rifiutare l’esecuzione della prestazione lavorativa in presenza di un pericolo grave, imminente ed inevitabile, in rapporto alle capacità e alla preparazione ricevuta dal lavoratore per fronteggiare il pericolo.
La previsione di cui al secondo comma del citato art. 44 T.U. prevede che, in una situazione di pericolo, il lavoratore tenuto, innanzitutto, a contattare il suo superiore gerarchico e solo, ove ciò non sia possibile, egli deve assumere iniziative per evitare le conseguenze di tale situazione.
[1] Cfr Cass., Sez. IV, 5 dicembre 2003, Cass., Sez. IV, 18 maggio 2001
[2] Cfr Cass., Sez. IV, 06 novembre 2006, Cass, Sez. IV, 7 giugno 2005, Cass., Sez. IV, 3 novembre 2004