Fin dal 2011 con la circolare n. 26/E del primo giugno, l’Agenzia delle Entrate ha sempre sostenuto che: “ Esulano dal campo di applicazione della norma in commento (cedolare secca sugli affitti n.d.r), i contratti di locazione conclusi con conduttori che agiscono nell’esercizio di attività di impresa o di lavoro autonomo, indipendentemente dal successivo utilizzo dell’immobile per finalità abitative di collaboratori e dipendenti. Sono altresì esclusi dall’applicazione della norma in commento anche i contratti di locazione di immobili accatastati come abitativi, ma locati per uso ufficio o promiscuo.”
Ora la Cassazione con sentenza n. 12395, depositata il 7 maggio 2024, considera irrilevante la qualità del conduttore e la riconducibilità della locazione, laddove ad uso abitativo, alla attività professionale del conduttore (ad esempio, come avvenuto nel caso di specie, per esigenze di alloggio dei suoi dipendenti) e quindi la cedolare secca può essere applicata anche quando l’inquilino è una società o un’impresa che affitta una casa per i propri dipendenti, clienti o fornitori.
Effettivamente la normativa indica che la cedolare non si applica alle locazioni di unità immobiliari ad uso abitativo effettuate nell’esercizio di una attività d’impresa, o di arti e professioni. Dove chiaramente si intende che il divieto di optare per la cedolare secca è quando il locatore svolge la locazione nell’ambito di un’attività imprenditoriale.
L’agenzia delle Entrate ha inteso invece che entrambi, sia il locatore che il conduttore non devono svolgere attività imprenditoriale o autonoma. Questa visione della normativa ha spinto molti proprietari a registrare i contratti senza l’opzione per la cedolare secca versando l’imposta di registro, l’Irpef e addizionali.
Si attende ora un intervento dell’Agenzia delle Entrate chiarificatore per permettere ai contribuenti di operare secondo quanto indicato dalla sentenza della Cassazione.