Non è raro che un conduttore prenda in locazione un immobile al fine di svolgerci una determinata attività commerciale, che viene, però, impedita dal mancato rilascio delle necessarie autorizzazioni amministrative, per cui al locatore se ne imputa la responsabilità sotto vari profili (risoluzione del contratto e/o risarcimento del danno).
Il disposto normativo applicabile a tale situazione è l’art. 1575 c.c., il quale contempla, tra le obbligazioni principali del locatore, quelle di: 1) consegnare al conduttore la cosa locata in buono stato di manutenzione; 2) mantenerla in istato da servire all’uso convenuto, e 3) garantirne il pacifico godimento durante la locazione; qui rileva soprattutto il n. 2), unitamente al successivo art. 1576 c.c., in base al quale il locatore deve eseguire, durante la locazione, tutte le riparazioni necessarie, eccettuate quelle di piccola manutenzione che sono a carico del conduttore; soccorre allo scopo anche l’art. 1578 c.c., secondo cui, se al momento della consegna, la cosa locata è affetta da vizi che ne diminuiscono in modo apprezzabile l’idoneità all’uso pattuito, il conduttore può domandare la risoluzione del contratto o una riduzione del corrispettivo, salvo che si tratti di vizi da lui conosciuti o facilmente riconoscibili.
Una recente sentenza del Supremo Collegio (n. 14067 del 22 maggio 2023) si è occupata della suddetta fattispecie – riguardante soprattutto le locazioni ad uso diverso da quello abitativo, ma con principi esportabili anche in quelle ad uso abitativo (segnatamente, riguardo al rilascio della c.d. abitabilità) – cercando di delineare compiutamente, per un verso, gli adempimenti a carico del locatore, e, per altro verso, gli oneri di controllo in capo al conduttore.
La causa originava da uno sfratto per morosità intimato da un locatore, citando in giudizio il conduttore per la convalida, sull’assunto che il locale di proprietà del primo era stato concesso in locazione per l’esercizio dell’attività di bar, e che il conduttore si era moroso nel pagamento dei canoni ed aveva intrapreso lavori edili senza l’autorizzazione del proprietario.
Il conduttore contestava la morosità, chiedendo, in via riconvenzionale, dichiararsi la risoluzione del contratto per inadempimento del locatore in quanto l’immobile, preso in locazione per essere adibito a bar, non aveva la struttura idonea per consentire la preparazione di alimenti finalizzata alla vendita; in particolare, non era dotato di un doppio bagno con antibagno, essenziale per poter procedere alla preparazione degli alimenti da servizi ai clienti.
Istruita la causa con interrogatorio formale, prove testimoniali e CTU, il Tribunale rigettava la domanda principale del locatore ed accoglieva la riconvenzionale del conduttore, dichiarando risolto il contratto per inadempimento del locatore, con conseguente condanna di quest’ultimo al risarcimento del danno.
La Corte d’Appello, ribaltando il verdetto di prime cure, rilevava che il conduttore aveva eseguito lavori di adeguamento strutturale dell’immobile senza chiedere l’autorizzazione del locatore e dichiarava che la risoluzione del contratto dovesse imputarsi a fatto e colpa del conduttore, non sussistendo alcuna obbligazione del locatore ai sensi degli artt. 1575 e 1576 c.c. di procedere all’esecuzione di opere di modificazione o trasformazione della cosa locata, anche se imposte da disposizioni di legge o dell’autorità sopravvenute alla consegna.
Ad avviso del giudice distrettuale, le obbligazioni del locatore di cui agli artt. 1575 e 1576 c.c. non comprendono l’esecuzione di opere di modificazione o trasformazione della cosa locata, anche se imposte da disposizioni di legge o dell’autorità, sopravvenute alla consegna, per rendere la cosa stessa idonea all’uso convenuto.
In particolare, l’art. 1575 c.c. non impone al locatore alcun obbligo di apportare alla cosa da locare le modifiche necessarie per renderla idonea allo scopo cui intende destinarlo il conduttore, nemmeno nel caso in cui lo scopo sia espressamente indicato in contratto, a meno che quell’obbligo non venga concordato con patto espresso.
Il conduttore, qualora avesse ritenuto esiziale il mancato adeguamento strutturale, avrebbe potuto esercitare il recesso dal contratto, ma, in mancanza di tale recesso, non avrebbe mai potuto sospendere il pagamento dei canoni di locazione, di guisa che la sua condotta doveva considerarsi tale da condurre alla declaratoria di risoluzione del contratto per suo inadempimento.
Il conduttore, soccombente nel giudizio di secondo grado, proponeva ricorso per cassazione, evidenziando che il locatore, oltre agli obblighi di cui agli artt. 1575 e 1576 c.c., fosse gravato anche dell’obbligo di assicurare, ai sensi dell’art. 1578 c.c., che la cosa locata fosse immune da vizi che la rendessero inidonea all’uso convenuto, sì da giustificare, in caso di inottemperanza ai suddetti obblighi, la risoluzione del contratto per inadempimento del locatore.
I giudizi di Piazza Cavour hanno ritenuto tale doglianza infondata.
Invero, quanto affermato dalla Corte territoriale si rivela in linea con l’orientamento di legittimità, secondo cui, nei contratti di locazione relativi ad immobili destinati ad uso non abitativo, grava sul conduttore l’onere di verificare che le caratteristiche del bene siano adeguate a quanto tecnicamente necessario per lo svolgimento dell’attività che egli intende esercitarvi, nonché al rilascio delle necessarie autorizzazioni amministrative; ne consegue che, ove il conduttore non riesca ad ottenere tali autorizzazioni, non è configurabile alcuna responsabilità per inadempimento a carico del locatore, e ciò anche se il diniego sia dipeso dalle caratteristiche proprie del bene locato.
La destinazione particolare dell’immobile, tale da richiedere che lo stesso sia dotato di precise caratteristiche e che ottenga specifiche licenze amministrative, diventa invece rilevante, quale condizione di efficacia, quale elemento presupposto o, infine, quale contenuto dell’obbligo assunto dal locatore nella garanzia di pacifico godimento dell’immobile in relazione all’uso convenuto, solo se abbia formato oggetto di specifica pattuizione, non essendo sufficiente la mera enunciazione, nello stesso contratto, che la locazione sia stipulata per un certo uso.
Orbene, è pacifico che, tra gli obblighi del locatore di consegnare la cosa in buono stato di manutenzione e di mantenerla in stato da servire all’uso convenuto (v., soprattutto, il n. 2 dell’art. 1575 c.c., nonché il successivo art. 1576 c.c.) non rientra quello di apportare alla cosa stessa le modifiche ed aggiunte occorrenti per renderla idonea alla destinazione pattuita, né, tantomeno, quella di assicurare al conduttore la possibilità di apportarvele egli stesso, pur potendo le parti accordarsi in tal senso (v., tra le altre, Cass. 25 novembre 2014, n. 24987; Cass. 30 gennaio 2009, n. 2458; tra le pronunce di merito, si segnalano Trib, Torre Annunziata 17 gennaio 2014 e Trib. Roma 3 novembre 2009).
D’altronde, grava sul conduttore l’onere di verificare che le caratteristiche del bene siano adeguate a quanto tecnicamente necessario per lo svolgimento dell’attività che si è ripromesso.
Più delicata è la questione – risolta diversamente in giurisprudenza – relativa alla sussistenza, a carico del locatore, di consegnare un immobile dotato delle autorizzazioni necessarie allo svolgimento dell’attività che intende svolgervi il conduttore, che si correla con la questione riguardante l’oggetto del “buono stato manutentivo” che va garantito al conduttore, nel senso se esso concerna le sole qualità della cosa locata oppure investa anche quelle giuridiche.
Secondo un primo indirizzo – cui sembra aderire la pronuncia in commento, cui adde Cass. 7 giugno 2018, n. 14731; Cass. 25 gennaio 2011, n. 1735; Cass. 1° dicembre 2009, n. 25278; Cass. 8 giugno 2007, n. 13395; Cass. 13 marzo 2007, n. 5836 – grava sul conduttore l’onere di verificare che le caratteristiche del bene siano adeguate a quanto tecnicamente necessario per lo svolgimento dell’attività che egli intende esercitarvi, nonché al rilascio delle necessarie autorizzazioni amministrative, sicchè, qualora il conduttore non riesca ad ottenere tali autorizzazioni, non è configurabile alcuna responsabilità per inadempimento a carico del locatore, e ciò anche se il diniego sia dipeso dalle caratteristiche proprie del bene locato, precisando che la destinazione particolare dell’immobile, tale da richiedere che lo stesso sia dotato di precise caratteristiche e che ottenga specifiche licenze amministrative, diventa rilevante, quale condizione di efficacia, quale elemento presupposto o, infine, quale contenuto dell’obbligo assunto dal locatore nella garanzia di pacifico godimento dell’immobile in relazione all’uso convenuto, unicamente se abbia formato oggetto di specifica pattuizione tra le parti.
Secondo un diverso orientamento – di cui sono espressione Cass. 7 giugno 2011, n. 12286; Cass. 19 luglio 2008, n. 20067; Cass. 28 marzo 2006, n. 7081 – che dà, a vario titolo, rilievo al difetto della documentazione in oggetto, la mancanza delle autorizzazioni o concessioni amministrative che condizionano la regolarità del bene sotto il profilo edilizio (e, in particolare, la sua abitabilità e la sua idoneità all’esercizio di un’attività commerciale) costituisce inadempimento del locatore che giustifica la risoluzione del contratto ai sensi dell’art. 1578 c.c., a meno che il conduttore non sia a conoscenza della situazione e l’abbia consapevolmente accettata.
In base ad una tesi, per così dire, mediana – riconducibile a Cass. 26 luglio 2016, n. 15377; Cass. 16 giugno 2014, n. 13651 – nella locazione di immobili per uso diverso da quello abitativo, convenzionalmente destinati ad un’attività il cui esercizio richieda specifici titoli autorizzativi dipendenti anche dalla situazione edilizia del bene, l’inadempimento del locatore può configurarsi quando la mancanza di tali titoli dipenda da carenze intrinseche o da caratteristiche proprie del bene locato, sì da impedire in radice il rilascio degli atti amministrativi necessari e, quindi, l’esercizio lecito dell’attività del conduttore conformemente all’uso pattuito, oppure quando il locatore abbia assunto l’obbligo specifico di ottenere i necessari titoli abilitativi, restando invece escluso allorché il conduttore abbia conosciuta e consapevolmente accettata l’assoluta impossibilità di ottenerli; in quest’ottica, peraltro, l’inidoneità assoluta dell’immobile ai fini del conseguimento dell’agibilità determina il mancato rispetto delle qualità che l’immobile deve possedere e, quindi, un vizio della cosa locata, con conseguente esperibilità del rimedio risolutorio previsto dall’art. 1578 c.c.
Ad ogni buon conto, sul versante processuale, grava sul conduttore – anche in applicazione del principio di vicinanza della prova – l’onere di individuare e dimostrare l’esistenza di quel vizio che diminuisce in modo apprezzabile l’idoneità del bene all’uso pattuito, spettando, invece, al locatore di provare, rispettivamente, che i vizi erano conosciuti o facilmente riconoscibili dal conduttore, laddove intenda paralizzare la domanda di risoluzione o di riduzione del corrispettivo, oppure di averli senza colpa ignorati al momento della consegna, se intenda andare esente dal risarcimento dei danni derivanti dai vizi della cosa.