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“CASE-ALLOGGIO” E “B&B”: PER LA CASSAZIONE E’ DECISIVO IL DIVIETO DEL REGOLAMENTO CONDOMINALE

Quella che da più parti viene definita come la crisi del mercato delle locazioni sta assumendo nella nostra città, in questo particolare momento storico legato all’evento giubilare, connotati e dimensioni tali da far ipotizzare una vera e propria emergenza degli affitti.

La spesso vana illusione di realizzare guadagni facili ha infatti indotto un gran numero di proprietari a rivolgersi alle piattaforme on line che gestiscono la domanda e l’offerta di alloggi per soggiorni brevi, legati ad esigenze di lavoro o, assai più sovente, di svago.

Ecco allora che, all’esito di consistenti lavori di ristrutturazione degli immobili al fine di renderli più efficienti e adeguati alle esigenze del pubblico, tanti appartamenti sono stati immessi in questo mercato, spesso senza ponderare minimamente eventuali divieti scaturenti dal regolamento di condominio vigente nello stabile.

E’ questo il tipico caso di cui è stata investita la Corte di Cassazione nella recente ordinanza n. 2770 del 4 febbraio 2025, avente ad oggetto la domanda di un condominio che aveva citatoin giudizio la proprietaria di un appartamento e il conduttore della stessa unità immobiliare, invocando la cessazione dell’attività di “Bed & Breakfast” intrapresa dal citato conduttore nell’appartamento, poiché in contrasto con una norma del regolamento condominiale contrattuale.

Atto, questo, invero assai risalente nel tempo in quanto trascritto nei pubblici registri nientemeno che nel 1930, ma ad oggi ancora opponibile nella parte in cui stabiliva limitazioni ai poteri e alle facoltà dei condomini sulle loro esclusive proprietà.

Tale articolo vietava ai condomini di destinare gli appartamenti e altri locali interni “… ad uso di qualsiasi industria, casa di alloggio, ambulanze, sanatori, gabinetti per la cura di malattie infettive contagiose, agenzie di pegni, e di farne uso contrario al decoro, al buon nome e alla sicurezza dell’edificio, o che turbi il pacifico godimento singolo o collettivo”.

In primo grado il Tribunale competente, dopo aver rilevatoche tale atto vietava ai condomini di destinare gli appartamenti ad usi diversi dalla civile abitazione e che l’attività di B&B era ontologicamente sovrapponibile a quella di “casa alloggio”, espressamente vietata dal regolamento, condannava i convenuti alla chiusura dell’attività.

Con analoga motivazione ed identico esito si pronunciava la Corte d’Appello.

La Corte di Cassazione, chiamata a dirimere la controversia in ultima istanza, ha infine chiarito che le norme del regolamento di condominio, che impongono divieti di destinazione ed altre limitazioni similari all’uso delle unità immobiliari di proprietà esclusiva, concorrono ad integrare la disciplina delle cose comuni dell’edificio, in quanto dirette ad impedire un uso abnorme delle stesse in conseguenza di situazioni e comportamenti che non si esauriscano nello stretto ambito delle proprietà esclusive.

In caso di violazione di tali prescrizioni, l’amministratore del condominio, indipendentemente dal conferimento di uno specifico incarico con deliberazione della assemblea, ha, a norma dell’art. 1130 c.c., il potere di farne cessare il relativo abuso e, quindi, la relativa legittimazione processuale.

Qualora poi – come nel caso che ci occupa – la norma del regolamento condominiale di natura contrattuale vieti di destinare le singole unità abitative all’esercizio di casa alloggio, si rivelalegittima la pretesa del condominio che richiede la cessazione dell’attività di bed and breakfast svolta in un appartamento, in quanto – sotto il profilo dell’interpretazione testuale – l’espressione “casa alloggio” non si pone in antitesi rispetto al termine inglese bed and breakfast.

Nel merito la Cassazione ha difatti ritenuto pienamente condivisibile l’interpretazione adottata dalla Corte di Appello, confermando che il divieto, previsto dal regolamento condominiale, di destinare le unità immobiliari a “casa di alloggio”, include anche l’attività di B&B.

Le clausole del regolamento che impongono limitazioni ai poteri e alle facoltà spettanti ai condomini sulle parti di loro esclusiva proprietà incidono sui diritti dei condomini: di conseguenza devono risultare da espressioni incontrovertibilmente rivelatrici di un intento chiaro, non suscettibile di dar luogo a incertezze e non possono essere interpretate estensivamente (si veda, al riguardo, Cass. civ., sez. II, 8 ottobre 2019, n. 25139).

La condivisa esigenza di chiarezza e di univocità che devono rivelare i divieti ed i limiti regolamentari, di destinazione alle facoltà di godimento dei condomini sulle unità immobiliari in proprietà esclusiva, coerente con la loro natura di servitù reciproche, comporta che il contenuto e la portata di detti divieti e limiti vengano determinati fondandosi in primo luogo sulle espressioni letterali usate.

Applicando tali principi, il giudice delle leggi è giunto alla conclusione che nella dizione case d’alloggio sia senza dubbio da ricomprendere l’attività di “casa vacanze”, dal momento che il termine alloggio è riferito a un’occupazione dell’alloggio comunque temporanea (Trib. Roma10 maggio 2021, n. 8012).

Allo stesso modo il divieto regolamentare di destinare gli appartamenti ed altri locali interni ad uso “… di qualsiasi industria, casa di alloggio” può essere esteso analogicamente al B&B, struttura ricettiva a conduzione familiare, gestita in forma non imprenditoriale da privati, che forniscono “alloggio” e prima colazione utilizzando parti della stessa unità immobiliare.

La Cassazione ha quindi confermato che le clausole dei regolamenti condominiali risalenti nel tempo che vietano di destinare gli appartamenti o altri locali del fabbricato a “case di alloggio”, devono essere interpretate, applicando il principio analogico secondo cui, si considerano vietati nelle unità immobiliari dei condomini le attività di affittacamere, albergo, bed & breakfast (Cass. civ., sez. II, 08/10/2019, n. 25139).

In altre parole, la dizione “case di alloggio” va oggi interpretata nel senso che non è consentita l’utilizzazione degli immobili per attività ricettive a qualunque titolo, cioè affittacamere, albergo, B&B, come peraltro ribadito da una recente pronunzia del Tribunale di Roma del 27 gennaio 2025, n. 1527.

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