Con la sentenza del 21 marzo 2022, n. 9068 la II Sezione Civile della Cassazione ha apportato un contributo essenziale nella definizione dei criteri di individuazione del giudice competente per valore, nelle cause aventi ad oggetto le impugnative di delibere assembleari ex art. 1137 c.c..Detta norma consente a ogni condomino (purché assente, dissenziente o astenuto), il quale ritenga che una determinata delibera, assunta nell’assemblea condominiale, sia affetta da vizi che ne pregiudichino la validità e l’efficacia, di “adire l’autorità giudiziaria chiedendone l’annullamento nel termine perentorio di trenta giorni“.
Ma – ed il quesito non è di poco momento – quale autorità giudiziaria?
La fattispecie che ha dato luogo alla pronunzia qui commentata può legittimamente considerarsi l’ipotesi più tipicamente ricorrente nelle sentenze che sinora si sono succedute sul punto.Alcuni condòmini proponevano infatti impugnazione contro la deliberazione assembleare avente ad oggetto il consuntivo dei lavori straordinari relativi alla facciata ed ai frontalini dell’edificio, sull’assunto che la delibera avesse leso i diritti dei singoli, mancando di indicare i criteri di determinazione della somma da pagare all’impresa appaltatrice, nonché quelli di accertamento dei quorum di legge.
In primo grado il tribunale adito declinava la propria competenza, affermando che “oggetto dell’impugnazione è formalmente la delibera condominiale, ma sostanzialmente l’obiettivo (è) di evitare il pagamento delle singole quote derivanti dall’approvazione del consuntivo dei lavori e del contestuale riparto millesimale”; sicché, ammontando le quote spettanti ai singoli ricorrenti ad importi inferiori a cinquemila euro, veniva dichiarata la competenza per valore del giudice di pace. Siffatta decisione era poi fatta oggetto di istanza alla Cassazione per regolamento di competenza. Tale azione si fondava sulle seguenti considerazioni: non sussisterebbero dubbi circa la competenza del tribunale a conoscere della stessa, atteso che le singole quote dei ricorrenti non solo non sono state oggetto della pretesa azionata, ma neppure risultavano menzionate nell’atto introduttivo, con il quale si mirava invero ad ottenere una sentenza con efficacia di giudicato che dichiarasse l’inesistenza della delibera condominiale impugnata, ovvero la nullità o l’annullamento. Ebbene, la Suprema Corte, ancorando la propria decisione ad alcune pronunzie precedenti, ha accolto il ricorso, ribadendo, in prima battuta, come la competenza a decidere l’impugnazione di una deliberazione assembleare da parte di un condomino non appartiene, ratione materiae, al tribunale in quanto, come dianzi evidenziato, l’art. 1137 c.c. fa riferimento genericamente all’autorità giudiziaria, sicché il criterio per individuare il giudice competente è il valore desumibile dalla delibera impugnata, salvo che l’oggetto di essa rientri nella competenza per materia di un determinato giudice, come ad esempio il giudice di pace quando la delibera concerne la misura e le modalità d’uso dei servizi di condominio di case. Vale sul punto ricordare che la competenza esclusiva a decidere l’impugnazione di una deliberazione assembleare da parte di un condomino è, come noto, venuta meno con l’entrata in vigore del codice civile. La Cassazione, dal canto suo, ha più volte affermato prima della pronuncia qui commentata che, ai fini della determinazione della competenza per valore, in relazione a una controversia avente a oggetto il riparto di una spesa approvata dall’assemblea di condominio, anche se il condomino agisce per sentir dichiarare l’inesistenza del suo obbligo di pagamento sull’assunto dell’invalidità della deliberazione assembleare, bisogna fare riferimento all’importo contestato (ex art. 12 c.p.c.), relativamente alla sua singola obbligazione, e non all’intero ammontare risultante dal riparto approvato dall’assemblea di condominio, poiché, in generale, allo scopo dell’individuazione dell’incompetenza, occorre avere riguardo al “thema decidendum”, invece che al “quid disputandum”. Ne deriva che l’accertamento di un rapporto che costituisce la “causa petendi” della domanda, in quanto attiene a questione pregiudiziale della quale il giudice può conoscere in via incidentale, non influisce sull’interpretazione e qualificazione dell’oggetto della domanda principale e, conseguentemente, sul valore della causa (si vedano: Corte di cassazione, Sezione VI, 28 agosto 2018, n. 21227; Corte di Cassazione, Sezione VI, 5 luglio 2013, n. 16898; Corte di Cassazione, Sez. II, 16 marzo 2010, n. 6363).
Questo consolidato orientamento è stato fatto oggetto, più di recente, di una pronunzia innovativa (Cass. Sez. II, sentenza 7 luglio 2021, n. 19250) nella quale si afferma che la domanda di impugnazione di delibera assembleare introdotta dal singolo condomino, anche ai fini della stima del valore della causa, non può intendersi ristretta all’accertamento della validità del rapporto parziale che lega l’attore al condominio e dunque al solo importo contestato, ma si estende necessariamente alla validità dell’intera deliberazione e dunque all’intero ammontare della spesa, giacché l’effetto caducatorio dell’impugnata deliberazione dell’assemblea condominiale, derivante dalla sentenza con la quale ne viene dichiarata la nullità o l’annullamento, opera nei confronti di tutti i condomini, anche se non abbiano partecipato direttamente al giudizio promosso da uno o da alcuni di loro.
Di appena un anno precedente è la sentenza della Sezione VI, 20 luglio 2020, n. 15434, che chiarisce come, quando sia chiesto l’annullamento di una deliberazione dell’assemblea condominiale, il vizio denunciato abbia carattere meramente formale e la delibera impugnata non abbia “ex se” alcuna incidenza diretta sul patrimonio dell’attore, la domanda giudiziale appartiene alla competenza residuale del tribunale, non avendo ad oggetto la lesione di un interesse suscettibile di essere quantificato in una somma di denaro per il danno ingiustamente subito ovvero per la maggior spesa indebitamente imposta: la sentenza che dichiari la nullità o pronunci l’annullamento della impugnata deliberazione dell’assemblea condominiale produce difatti sempre un effetto caducatorio unitario. Tale ampliamento dell’efficacia del giudicato a tutti i componenti dell’organizzazione condominiale è, del resto, coerente col disposto del primo comma dell’art. 1137 c.c., per cui le deliberazioni prese dall’assemblea sono obbligatorie per tutti i condomini, essendo inconcepibile che la delibera annullata giudizialmente, venga rimossa per l’impugnante e rimanga invece vincolante per gli altri comproprietari.
Di qui il principio di diritto fissato dalla pronunzia in commento:“nell’azione di impugnazione delle deliberazioni dell’assemblea di condominio, che sia volta ad ottenere una sentenza di annullamento avente effetto nei confronti di tutti i condomini, il valore della causa deve essere determinato sulla base dell’atto impugnato e non sulla base dell’importo del contributo alle spese dovuto dall’attore in base allo stato di ripartizione, non operando la pronuncia solo nei confronti dell’istante e nei limiti della sua ragione di debito”.