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AMMINISTRATORE DI CONDOMINIO ED ATTIVITA’ DI INTERMEDIAZIONE IMMOBILIARE: LA CASSAZIONE SI PRONUNCIA, MA RIMANGONO I DUBBI.

Con la recente ordinanza del 18 luglio 2024, n. 19827, la Sez. II della Cassazione è intervenuta su una questione “aperta”, relativamente alla individuazione di una causa di incompatibilità nell’esercizio dell’attività di intermediazione immobiliare, da parte di un soggetto che svolga la professione di amministratore di condominio.

Ad oggi l’opinione prevalente tra gli studiosi tende a ritenere le due professioni incompatibili per una serie di condivisibili ragioni.

Prima fra tutte, quella che considera il potenziale conflitto di interessi che potrebbe sorgere tra le due figure: come noto, un agente immobiliare ha l’obiettivo di facilitare la compravendita o la locazione di immobili, ponendosi in una situazione di terzietà rispetto alle parti, pur portando avanti un proprio interesse economico, quale è quello di far concludere l’affare.

Al contrario, l’amministratore di condominio deve tutelare gli interessi collettivi di una sola parte: i condomini. 

Ecco allora che, se questi due ruoli dovessero coincidere nella stessa persona, potrebbero verificarsi situazioni in cui l’interesse personale dell’agente immobiliare (concludere la compravendita) entrerebbe in contrasto con il dovere di imparzialità dell’amministratore.

L’amministratore-agente immobiliare potrebbe infatti privilegiare la vendita o l’affitto di unità immobiliari all’interno del condominio che amministra, a scapito di altre opportunità sul mercato, per ottenere una commissione; come pure, potrebbe orientare le decisioni dell’assemblea condominiale in modo da favorire la vendita o la valorizzazione di determinate unità immobiliari, anche se ciò non fosse nell’interesse generale del condominio.

Senza contare, infine, che l’amministratore ha accesso ad informazioni sensibili sui condomini e sull’edificio, che potrebbe utilizzare a proprio vantaggio nell’attività di agente immobiliare.

A rendere ancora più convincente questa interpretazione “negazionista” è intervenuto il Ministero dello Sviluppo Economico,  attraverso la pubblicazione sul proprio sito della Circolare 3719/C del 10.5.2019, prot. 107259, ove le incompatibilità dell’attività mediatizia vengono riportate alle seguenti ipotesi:

a) attività imprenditoriali di produzione, vendita, rappresentanza o promozione dei beni afferenti al medesimo settore merceologico per il quale si esercita l’attività di mediazione;

b) attività svolta in qualità di dipendente (ad esclusione delle imprese di mediazione) di ente pubblico o privato, o di istituto bancario, finanziario o assicurativo;

c) esercizio di professioni intellettuali afferenti al medesimo settore merceologico per cui si esercita l’attività di mediazione;

d) situazioni di conflitto di interessi.

La questione è stata anche oggetto di attenzione da parte della giurisprudenza amministrativa: in particolare del Consiglio di Stato Sez. VI, che con l’ordinanza 11 aprile 2023  n. 365, ha sollevato questione di pregiudizialità invitando la Corte di Giustizia dell’Unione europea, ai sensi dell’art. 267 Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea, a pronunciarsi sul punto: “Se l’agente immobiliare può comunque svolgere anche l’attività di amministratore di condominio, salvo il caso in cui non cerchi di vendere/acquistare il fabbricato che amministra, visto che in questo caso si paleserebbe un conflitto di interessi”.

Siffatta rimessione al supremo organo di giustizia europeo avveniva a seguito dell’appello avverso la sentenza del T.A.R. dell’ Emilia Romagna n.7/2022, che aveva confermato l’incompatibilità dell’agente immobiliare all’amministratore di condominio in quanto: “è evidente che l’elevato numero di fabbricati (ciascuno formato da una pluralità di appartamenti) presso i quali il professionista ricopre il ruolo di amministratore può ostacolare – nell’esercizio contestuale dell’attività di intermediazione – la serena ed imparziale selezione di proposte appropriate a favore dei clienti. In buona sostanza, il professionista non è né distaccato né equidistante rispetto al reperimento di soluzioni adeguate, e può essere ragionevolmente indotto a orientare i potenziali acquirenti verso i locali inseriti negli edifici presso i quali ricopre l’incarico di amministratore, trascurando altre opportunità abitative ugualmente interessanti. Affiora un deficit di imparzialità, che non è controbilanciato da garanzie di trasparenza sul ‘doppio incarico’ rivestito”.

Senza entrare nel merito del contenzioso, il Consiglio di Stato adito in seconda istanza ha così rimesso la questione alla Corte di Giustizia in quanto:

“ a. l’appellante ha invocato la protezione di situazioni soggettive riconosciute dal diritto dell’Unione ed ha dedotto la violazione di principi e diritti dell’Unione;

b. la Corte di Giustizia detiene il monopolio interpretativo in ordine al diritto dell’Unione e, conseguentemente, alla compatibilità delle norme interne dei singoli Stati membri con il diritto dell’Unione”.

Su questo scenario si colloca l’ordinanza in commento, che valorizza un precedente, invero risalente, della terza sezione della Suprema Corte, ove si stabiliva che: “Il requisito della ‘indipendenza’ indispensabile per la sussistenza del rapporto di mediazione va inteso come assenza di ogni vincolo di mandato, di prestazione d’opera, di preposizione institoria e di qualsiasi altro rapporto che renda riferibile al dominus l’attività dell’intermediario. Di conseguenza con riguardo alla compravendita di un appartamento compreso in fabbricato condominiale, all’amministratore del condominio non è precluso di espletare attività di intermediazione, tra il singolo condomino alienante ed il terzo acquirente, attesa l’estraneità del detto affare alla sfera delle attribuzioni entro cui, ai sensi degli artt. 1130 e 1131 cod. civ., è circoscritto il potere dell’amministratore di rappresentare il singolo condomino e di tutelare gli interessi dell’ente di gestione al quale lo stesso partecipa”. (Cass. civ., sez. III, 14 marzo 1984, n. 1750).

Da ciò i giudici di Piazza Cavour hanno tratto spunto per affermare che, nonostante l’incompatibilità generale, ci sono alcune situazioni in cui l’esercizio contemporaneo delle due attività potrebbe essere ammesso. 

Una di queste si configura nel caso di condomini molto piccoli (cosiddetti condomini minimi), con pochi proprietari e una gestione semplificata, oppure nel caso di vendite occasionali.

In ipotesi siffatte, l’amministratore può essere intermediario di una vendita di un immobile in condominio, poiché nel caso di specie si tratterebbe di una intermediazione non costante.

Nel dettaglio, la Cassazione ha posto la sua attenzione su uno dei requisiti fondamentali del mediatore che è la imparzialità, qualità professionale che va intesa come l’equidistanza dalle parti: assenza di ogni vincolo di mandato, di prestazione d’opera e di qualsiasi altro rapporto che renda riferibile al dominus l’attività dell’intermediario.

Per la Suprema Corte, quindi, non è inibita l’attività di intermediazione che abbia ad oggetto un appartamento sito in un condominio che egli amministri, a condizione che l’affare intermediato sia estraneo al rapporto che lega l’amministratore al condominio.

Ad avvalorare tale linea permissiva è poi intervenuta la sentenza della Corte di Giustizia dell’Unione Europea del 4 ottobre 2024 (causa C – 242/23) – che si è così pronunciata sull’ordinanza di rimessione del Consiglio di Stato, di cui supra – nel cui testo si evidenzia come l’art. 25, Dir. 123/2006 preveda al comma 2, lett. a) che i requisiti relativi alle professioni regolamentate siano ammessi solo nei limiti in cui siano giustificati per garantire il rispetto di norme di deontologia diverse in ragione della specificità di ciascuna professione, di cui è necessario garantire l’indipendenza e l’imparzialità. 

Ciò premesso, i giudici europei hanno poi rilevato che, sebbene non si possa escludere una potenziale situazione di conflitto di interessi, in particolare quando le attività di mediazione immobiliare e di amministratore di condomini vengano esercitate nei confronti di uno stesso bene o di beni comparabili, un tale rischio non è necessariamente destinato a realizzarsi in ogni circostanza, cosicché l’esistenza di un siffatto conflitto di interessi non si può presumere.

Di conseguenza, e fatte salve le verifiche che il giudice del rinvio dovrà effettuare, risulta che un divieto generale di cumulo dell’attività di mediazione immobiliare e di quella di amministratore di condomini vada oltre quanto necessario e proporzionato per raggiungere l’obiettivo che la norma persegue.

Spetterà, quindi, in ultima analisi al giudice nazionale, che è il solo competente a valutare i fatti e a interpretare il diritto nazionale, stabilire se i requisiti previsti dalla normativa nazionale corrispondano alle condizioni poste dalla normativa europea.