Con una recente sentenza dell’11 ottobre 2024, n. 16557, la Sezione V del Tribunale di Roma ha definito i limiti di efficacia della comunicazione PEC inviata da un condomino all’amministratore, per invitarlo alla mediazione, al fine di interrompere i termini previsti dall’art. 1137 c.c..
La controversia nasceva dall’impugnazione di una delibera assembleare da parte di una condomina che, assente dall’assemblea, lamentava il mancato ricevimento di un corretto avviso di convocazione, sostenendo in particolare come l’unica PEC pervenutale prima della riunione non indicasse chiaramente luogo, data, orario e ordine del giorno dell’assemblea.
In giudizio il condominio eccepiva la decadenza dell’attrice dal diritto di impugnare la delibera in quanto l’invito alla mediazione obbligatoria, trasmesso via PEC dall’attrice all’amministratore, non era idoneo a interrompere i termini previsti dall’art. 1137 c.c., poiché non conforme ai requisiti di legge.
La pronunzia qui in commento affronta in prima battuta il tema dell’interpretazione delle norme relative alla mediazione obbligatoria ex D.Lgs. 28/2010 e alle modalità di trasmissione delle comunicazioni.
L’articolo 5 del decreto legislativo n. 28/2010 prevede infatti che, da quando la domanda di mediazione viene comunicata alle parti, essa produce gli stessi effetti della domanda sulla prescrizione dei termini; se poi il tentativo di mediazione fallisce, la domanda va proposta entro lo stesso termine di decadenza, che decorre dal deposito del verbale presso la segreteria dell’organismo di mediazione.
Nello specifico, per impedire la decadenza dai termini per l’impugnazione della delibera assembleare, è sufficiente eseguire la comunicazione alla controparte con una raccomandata con ricevuta di ritorno o con una pec, a cui allegare l’istanza di mediazione.
Per la difesa del condominio, al fine di produrre effetti interruttivi, l’invito alla mediazione avrebbe dovuto essere notificato all’amministratore con raccomandata con ricevuta di ritorno, o comunque inviato a un domicilio digitale certificato.
Il Tribunale ha invece evidenziato che l’indirizzo PEC dell’amministratore, utilizzato dalla condomina, risultava chiaramente indicato in precedenti comunicazioni ufficiali condominiali e che l’assenza di un’alternativa valida, fornita dall’amministratore stesso, non poteva comportare l’invalidità della comunicazione: la PEC viene pertanto qualificata come strumento idoneo a garantire la certezza della ricezione, purché utilizzata correttamente.
Relativamente all’idoneità dell’invito in mediazione a mezzo PEC a interrompere i termini di decadenza di cui all’art. 1137 c.c., il Tribunale ha poi precisato che:
- la PEC inviata dall’attrice all’amministratore è idonea a interrompere il termine di decadenza; la normativa vigente non obbliga l’amministratore condominiale a dotarsi di un indirizzo PEC, ma se questo è utilizzato per le comunicazioni ufficiali, esso acquisisce piena validità;
- l’invito alla mediazione rispetta i requisiti previsti dal D.Lgs. 28/2010, in quanto pervenuto all’amministratore tramite un canale idoneo e tracciabile, come previsto dalla legge.
Viene in tal modo fissato il principio per il quale, in assenza di espliciti limiti normativi o convenzionali, l’uso di un indirizzo PEC valido e noto, fornito dall’amministratore, soddisfa i requisiti di comunicazione per la mediazione obbligatoria, bilanciando adeguatamente formalità e sostanza e tutelando al contempo la certezza delle comunicazioni.
La PEC, dunque, allorquando correttamente utilizzata, rappresenta uno strumento efficace e valido per garantire la trasparenza e la tracciabilità delle comunicazioni.
Siffatta pronunzia si collega idealmente ad altra, di poco antecedente, sempre del Tribunale capitolino, in cui è stata chiarita la validità della comunicazione di una domanda di mediazione, promossa in pendenza di un giudizio ed indirizzata al difensore costituito della parte chiamata.
A seguito dell’avvio di un procedimento di mediazione, esperito nel corso di una causa avente ad oggetto una materia per la quale il tentativo di conciliazione è obbligatorio a pena di improcedibilità, veniva redatto verbale negativo, in cui si dava atto della regolare ricezione delle convocazioni di tutte le parti e della comunicazione di mancata adesione da parte del difensore della convenuta.
Tuttavia, nell’ambito delle memorie integrative disposte dal Giudice, la convenuta eccepiva l’improcedibilità della domanda, per mancato esperimento del tentativo di mediazione obbligatoria, atteso che la convocazione in mediazione non le era stata notificata personalmente, bensì al proprio legale costituito in giudizio.
Con la sentenza n. 7558 del 30.04.2024, il Tribunale di Roma, reputando valido l’invito alla mediazione ex articolo 5 D. Lgs. 28/2010 notificato al difensore costituito in giudizio, ha ritenuto che la procedura di mediazione fosse stata regolarmente espletata.
Infatti, l’articolo 8 del D. Lgs. 28/2010 stabilisce che, in materia di mediazione “la domanda e la data del primo incontro sono comunicate all’altra parte con ogni mezzo idoneo ad assicurarne la ricezione, anche a cura della parte istante”.
La suddetta disposizione mira, dunque, a garantire l’instaurazione del contraddittorio prescindendo dall’applicazione di rigidi formalismi: tale impostazione, del resto, trova conferma nello stesso dettato normativo atteso che, secondo l’articolo 3, comma 3 del D. Lgs. 28/2010, gli atti del procedimento di mediazione non sono soggetti a formalità.
Nel caso di specie, l’instaurazione del procedimento di mediazione era avvenuta prima della fase di merito e la relativa comunicazione era stata indirizzata al difensore della parte chiamata, presso cui la stessa aveva eletto domicilio.
Dal che, come conclude il Tribunale nella pronunzia suindicata, “… è evidente l’idoneità dell’invito dell’attore a entrare nella sfera conoscitiva del convenuto e a consentire a quest’ultimo di partecipare al procedimento di mediazione”.