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“Parcheggio selvaggio” nelle aree condominiali e reato di violenza privata.

La quinta sezione penale della Corte di Cassazione, con la sentenza numero 27559 depositata il 26 giugno 2023, ha stabilito che integra il delitto di violenza privata la condotta di colui che parcheggi la propria auto sulla strada di accesso a un fabbricato in modo da rendere non impossibile, ma anche solo significativamente disagevole l’accesso alla persona offesa, considerato che, ai fini della configurabilità del reato in questione, il requisito della violenza si identifica in qualsiasi mezzo idoneo a privare coattivamente della libertà di determinazione e di azione la persona offesa, nell’esercizio del proprio diritto di passaggio.

Scrivono i giudici di Piazza Cavour che, ai fini della configurabilità del reato di violenza privata, previsto e punito dall’art. 610 cod. pen. con la reclusione fino a quattro anni, deve essere influenzato in modo significativo il processo di libera determinazione della volontà della persona offesa, tanto da indurla a un comportamento diverso da quello che altrimenti avrebbe tenuto in piena libertà: si è quindi affermato che integra il delitto di violenza privata “la condotta di colui che parcheggi la propria autovettura dinanzi a un fabbricato in modo tale da bloccare il passaggio impedendo l’accesso alla parte lesa, o comunque il movimento, considerato che, ai fini della configurabilità del reato in questione, il requisito della violenza si identifica in qualsiasi mezzo idoneo a privare coattivamente l’offeso della libertà di determinazione e di azione”

La pronunzia qui in commento si pone invero sulla scia di altri autorevoli precedenti (ex plurimis, Cass. Sez. V, sentenza n. 1913 del 16/10/2017, Rv. 272322; Cass. Sez. V, sentenza n. 4284 del 29/09/2015, Rv. 266020; Cass. Sez. V, sentenza n. 11907 del 22/01/2010, Rv. 246551), esplicitamente richiamando altra sentenza (Cass. Sez. V, n. 1053/2022, Rv 282467-01), avente ad oggetto diversa fattispecie, relativa alla sostituzione – operata dagli imputati contro la volontà del proprietario e dell’affittuario – della serratura di una delle due porte di accesso alle scuderie di un’azienda agricola.

Devesi al riguardo osservare come la giurisprudenza della Suprema Corte, nel tipizzare le condotte sussumibili nell’alveo applicativo dell’art. 610 cod. pen., abbia in concreto enucleato una serie di comportamenti che implicano una forma di coazione sulla persona offesa, la quale per effetto di tale incisione della sua libertà di autodeterminazione, è posta nelle condizioni di subire una situazione non corrispondente al proprio volere.

Con la pronunzia più risalente nel tempo (sentenza n. 16571/2006), la Cassazione sanzionava la condotta intenzionale dell’imputato che manteneva il proprio  veicolo – già irregolarmente parcheggiato in un’area condominiale alla quale non aveva diritto di accedere (“condominio a lui estraneo”) – in modo tale da impedire alla persona offesa (un condomino) di transitare con la propria vettura, rifiutando reiteratamente di liberare l’accesso e pretendendo “con evidente protervia ed arroganza” che la persona offesa attendesse le altrui necessità.

In altra e successiva sentenza (n. 48346/2015) sempre la Quinta Sezione stabiliva che commette il reato di violenza privata chi blocca un’altra auto con la propria, parcheggiandola in modo tale da ostruire l’unica possibilità di passaggio ad altra autovettura, che deve entrare od uscire da casa o dal parcheggio di sua proprietà.

Va poi precisato come anche il parcheggio troppo vicino a un’altra auto possa configurare il reato di cui all’art. 610 cod. pen.: con sentenza n. 53978/2017 il medesimo collegio ha infatti ritenuto colpevole il conducente che :  “posizionandosi con la propria autovettura a pochi centimetri dello sportello lato autista dell’autovettura della persona offesa (che per la presenza di autovetture parcheggiate avanti e dietro, non aveva alcuna possibilità di manovra) ha costretto la stessa  a scendere dal proprio mezzo dalla porta del passeggero, per affrontarlo in una discussione (allo scopo di ottenere lo spostamento del mezzo); quindi con tale condotta il ricorrente ha pesantemente condizionato la libertà di autodeterminazione e movimento della persona offesa.”

 Né mancano precedenti in tema di parcheggio nello spazio riservato ai disabili, che, oltre ad essere espressione di un alto grado di inciviltà e configurare la violazione dell’art. 158, comma 2, Codice della strada, fa scattare il reato di violenza privata qualora il detto spazio sia espressamente riservato ad una determinata persona, per ragioni attinenti al suo stato di salute.

La Cassazione ha infatti precisato che, nel caso concreto, “… l’imputato, avendo visto la segnaletica, era cosciente di lasciare l’autovettura in un posto riservato ad una specifica persona, così impedendole di parcheggiare nello stesso spazio e non l’aveva fatto per quei pochi minuti che avrebbero consentito di dubitare della sua volontà, ma aveva parcheggiato l’autovettura la mattina lasciandovela fino alla notte e quindi impedendo al disabile, a cui era stato assegnato il posto, di parcheggiare il veicolo anche al suo ritorno” (sentenza n. 17794/ 2017).

Giova poi evidenziare come, in altro arresto giurisprudenziale, la Suprema Corte si sia peritata di qualificare il delitto in esame come istantaneo, poiché “… costituisce elemento della condotta materiale del reato la privazione coattiva della libertà di determinazione e di azione della persona offesa dal reato, costretta a fare, tollerare o omettere qualcosa contro la propria volontà, mentre è irrilevante, per la consumazione del reato, che la condotta criminosa si protragga nel tempo, trattandosi – per l’appunto – di reato istantaneo (Cass. Sez. V, sentenza n. 3403 del 17/12/2003, Rv. 228063).

Da ultimo, ai fini di una netta demarcazione tra i reati di violenza privata e di esercizio arbitrario delle proprie ragioni, previsto e punito dall’art. 393 cod. pen. con la pena della reclusione fino ad un anno, la Cassazione ha stabilito che “… non sono integrati i presupposti del reato di cui all’art. 393 cod. pen., bensì quelli del reato di violenza privata, allorché il diritto rivendicato non coincida con il bene della vita conseguito attraverso la condotta arbitraria” (Sez. V, sentenza n. 10133 del 05/02/2018, Rv. 272672).

*Avvocato, Consulente ARPE

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